La fibromialgia

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La fibromialgia è una malattia dal dolore muscolo-scheletrico simmetrico diffuso di natura cronica.  Il nome, come noto, deriva dal latino fibro – “fibra”, myo – “muscolo”, algos – “dolore”.  Anche se il dolore è dominante nella fibromialgia, altri sintomi come affaticamento, sonno non ristoratore, disturbo dell’umore, e danno cognitivo sono comuni, ma non universale, hanno un’influenza importante sulla qualità della vita. I pazienti con la Sindrome fibromialgica soffrono di dolore cronico, prevalentemente simmetrico, in tutto il corpo con alcune eccezioni, hanno sonno insufficiente, possono anche lamentarsi di sindrome dell’intestino irritabile, sindrome da stanchezza cronica, rigidità e debolezza muscolare, aumento della sensibilità al dolore, intolleranza al freddo, sindrome delle gambe senza riposo. Tra le altre condizioni può insorgere una depressione come conseguenza dei sintoni della fibromialgia. Molto spesso le persone con Sindrome fibromialgica hanno associato sia il dolore miofasciale, che rende il trattamento più difficile per il quale si deve utilizzare tutto l’arsenale terapeutico e le conoscenze biomeccaniche per trattare il dolore, e ristabilire i modelli posturali necessari ed evitare di l’esacerbazione dei punti scatenanti, sia i segni dei sintomi di ipermobilità articolare, che alcuni autori li caratterizzano come una sindrome diversa.  Anche se un consenso diagnostico non sia stato ancora raggiunto, la componente di ipermobilità porta una sfida ancora più grande per il trattamento di questa sindrome, poiché maggiori intervalli di movimento possono richiedere ancora più consumo di energia, favorendo la comparsa dei punti di innesco, che contribuiscono anche alla debolezza localizzata e diffusa. È necessario che i pazienti fibromialgici con dolore cronico difficile da controllare, siano trattati correttamente, e quando ritenuto necessario sottoposti a riadattamento del lavoro; al fine di esercitare la loro professione in modo degno e produttivo tenendo conto di tutti gli aspetti legati al loro dolore e alla disabilità, che, quando presenti, assumono tutte le prerogative attribuite alle altre malattie invalidanti. La sintomatologia della FM è quanto mai polimorfa, tanto da rendere alquanto difficile la diagnosi precoce.  Il sintomo prevalente è il dolore muscolo-scheletrico, di tipo persistente e spontaneo, variamente localizzato ai vari distretti del nostro corpo. Al dolore spontaneo si associano sintomi quali l’allodinia e l’iperalgesia che rendono ancora più penoso il vissuto dei pazienti. Si assiste a momenti in cui la paziente ha timore di stringere la mano o addirittura di venire abbracciata, per il dolore che tali gesti possano scatenare.  Al dolore, quindi, si associano le turbe del sonno, interrotto per l’insorgere di dolore o ritardato per la persistenza dello stesso, quindi il sonno diverrà scarsamente ristoratore. Riducendo il raggiungimento della fase profonda, fase di ottimizzazione del sistema serotoninico, non sarà possibile contrastare l’attività della sostanza P, a sua volta algogena, per cui si innescherà in circolo vizioso in cui il dolore potenzierà sé stesso mediante il condizionamento del sonno.   A questo punto il paziente inizia il suo pellegrinare dai vari specialisti (doctor-shopping), dal momento che non riesce a trovare alcun miglioramento dalla terapia antalgica, empirica, che continua ad assumere. I medici, se non esperti di FM, cominciano a richiedere esami che risultano inconcludenti, interpretando i sintomi con le più varie ipotesi diagnostiche, giungendo anche a soluzioni terapeutiche, sempre empiriche, talvolta di tipo chirurgico. Il paziente tuttavia continua a soffrire di dolore senza ancora sapere quale è la vera causa del suo male. A questo punto inizia a percepire il senso di paura, preoccupazione e catastrofismo, anche perché, vista la negatività degli esami e l’inefficacia delle terapie, subentra un certo grado di diffidenza da parte dei medici, che li etichettano come “malati immaginari con spunti isterici”, ma soprattutto da parte dei familiari che si esasperano per le continue lamentele del paziente, una volta che i medici non riscontrano nulla di patologico.  A questo punto, il persistere del dolore, lo stato di frustrazione, l’ansia per non conoscere la gravità del suo stato, lo stato di sottovalutazione della sua sofferenza da parte di tutti, innescano uno stato di stress cronico da cui deriveranno i vari sintoni neurovegetativi manifestati dal paziente anche perché, durante la malattia, si possono associare sintomi dolorosi anche extra scheletrici, come la vulvodinia, la cistalgia e l’uretrodinia. Allora il paziente comincerà a manifestare sindrome del colon irritabile, reflusso gastro-esofageo, dismenorrea, cefalea, turbe cognitive prevalentemente di tipo mnesico, attacchi di panico, stanchezza cronica, umore depresso etc..   Alla luce di quanto sopra, si può dedurre il vissuto del paziente fibromialgico, sia in ambito domestico che lavorativo e sociale. Bisogna considerare il fatto che l’intensità del dolore a volte rende penoso qualsiasi tipo di attività lavorativa, sia manuale che intellettuale al punto da rinunciare al lavoro per brevi o lunghi periodi, con conseguente ridotto introito economico.  Naturalmente l’estrema variabilità dei sintomi fa sì che, come in tutte le patologie, avremo dei quadri di varia intensità sintomatologica tanto da vedere pazienti con buon controllo della sintomatologia anche con terapie non farmacologiche, accanto a pazienti in cui la sintomatologia è tale da non consentire neppure le normali attività di vita quotidiana nonostante la terapia farmacologica appropriata. Per maggiori informazioni scaricate l’opuscolo Informativo sulla Sindrome fibromialgica.

Opuscolo Informativo Sindrome Fibromialgica

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