Ascoltare il dolore di una persona malata è impossibile, perché il dolore non si ascolta, il dolore si sente e lo può sentire solo la persona che lo soffre. Quando arriva la malattia ti rende inerme, e ti spinge con forza verso l’altro, perché lo stato di insicurezza spesso è contrassegnato dal bisogno fondamentale di avere conforto e rassicurazioni, proprio da parte di coloro che si prendono cura di te. L’onere maggiore di chi sta vicino alle persone che soffrono è quello di aiutarle a contenere gli effetti psicologici devastanti, come ansia, depressione, rabbia repressa, bassa autostima e una progressiva solitudine sorda e silente, accompagnata da forti sensi di colpa. La sofferenza e il dolore, sono la condizione emblematica della malattia che svela l’interiorità più profonda degli uomini e delle donne che ne soffrono. In questo periodo breve o interminabile che sia, ci si prende cura non solo di un corpo, ma di un vissuto. Questa nuova dimensione umana ha un potere straordinario, riesce ad influenzare la gestione delle situazioni di sofferenza. La nostra indole di sopravvivenza ci induce a parlare del futuro che andrà meglio, del tempo che guarisce tutto, del fatto che tutto prima o poi passa. Tutto questo per evitare di sostare dentro al suo dolore. Invece è necessario avere un’attitudine all’ascolto, o meglio all’ascolto empatico, che risulta fondamentale perché produce una speciale sensibilità ed affina la percezione, fino a farla diventare decisiva per le sue sfumature di comunicazione. La fragilità o meglio la vulnerabilità di chi sta male, conferisce un enorme potere a chi ha la responsabilità di gestirne l’assistenza, che siano i coniugi o i famigliari. Quando vediamo un nostro famigliare soffrire, quello che notiamo è il suo dolore e la sua sofferenza, e questo ci fa stare male, nessuno di noi vorrebbe vedere soffrire i propri cari. Allora diventa importante, incoraggiare chi sta male a parlare di sé, che non significa assolutamente perdere tempo, ma significa realizzare un primo decisivo passo verso un eventuale soluzione. Saper ascoltare, significa anche considerare l’altro, perché quando una persona sta male racconta di sé, trasmette non solo delle informazioni, ma esprime anche tutto il suo universo interiore che è fatto di umanità. A volte, presi dal nostro desiderio di aiutare, dimentichiamo di ascoltare ciò di cui l’altro ha veramente bisogno nel suo dolore, che è semplicemente quello di essere ascoltato. Predisporsi all’ascolto significa far sentire all’altro che ci siamo, che siamo connessi al suo dolore, e che siamo lì solamente per questo scopo. Abbiamo occhi e orecchie ma li usiamo solo in parte a differenza della voce e delle parole che utilizziamo in grande quantità. Per ascoltare bisogna invertire l’ordine, dare la precedenza alla vista e all’udito. E’ indispensabile guardarsi di più, e per farlo dobbiamo tacere perché solo così saremo in grado di ascoltare il rumore nascosto degli altri. Ed è proprio in questo silenzio che siamo conforto e sostegno.