Carissime, capita spesso alle persone affette dalla Sindrome fibromialgica di giustificare la propria malattia. Una lotta ulteriore che spesso, queste persone devono sostenere sia contro gli effetti della malattia, che contro lo scetticismo degli amici e dei famigliari, i quali in molti casi, hanno tantissima difficoltà a credere a quello che raccontano, tutto per l’incapacità di poter dimostrare attraverso le analisi la sua esistenza. Una situazione stressante che fa aumentare ulteriormente il carico correlato, causando molto spesso esacerbazioni della patologia stessa. Una condizione che avvia il fibromialgico verso un peggioramento del quadro clinico e psicologico, che diviene via via sempre più grave ed intricato con il passare del tempo, soprattutto se ancora non si è pervenuti ad una diagnosi. L’elemento più significativo e paradossale, che la maggior parte dei malati affetti da fibromialgia hanno raccontato, è quello di un vissuto fotocopia che si ripete all’infinito. In più chi è affetto da una malattia attualmente non riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale, è costretto a volte anche a nasconderla per evitare giudizi e pregiudizi, una situazione di estrema fragilità. Come se uno scritto o una lastra avesse più valore del dolore e della sofferenza che si prova sulla pelle. Tutto questo, purtroppo, è la conseguenza di una lungaggine dei tempi del suo riconoscimento che va avanti da quasi 30 anni. Poi l’assenza di percorsi multidisciplinari, l’assenza delle tutele legali, fanno peggiorare ulteriormente lo stato di sofferenza della malattia riducendo anche l’eventuale possibilità di miglioramento. Per questi motivi si deve evitare che tutto ciò accada, che altre vite siano distrutte dalla fragilità provocata dalla Sindrome fibromialgica. Per quanto tempo ancora, queste persone devono giustificare la loro sofferenza? Non procrastinate oltre i provvedimenti di equità e di giustizia sociale per queste persone. Finalizzate con urgenza l’approvazione dei provvedimenti previsti, date speranza a queste persone, perché come ha scritto Orison Swett Marden: “Non c’è medicina come la speranza, nessun incentivo così grande, e nessun tonico così potente come l’attesa di qualcosa che accada domani”.