In questi ultimi tempi assistiamo, molto spesso, ad eventi di sensibilizzazione che per la loro modalità di svolgimento in certi casi sviliscono la gravità di una malattia per la quale da molti anni, stiamo chiedendo il suo riconoscimento e l’inserimento nei LEA. Come potete bene immaginare sto parlando di una malattia che si chiama Sindrome fibromialgica. Una malattia invisibile nota solamente a chi ne soffre, a coloro che ogni giorno devono affrontare la quotidianità con estrema fatica e sofferenza, una vera e propria battaglia per la sopravvivenza. Un nemico invisibile che non lascia segni e non produce ferite, ed è caratterizzato dal dolore capace di generare una condizione snervante, che molto spesso invalida una vita fatta di normalità. Tanto per fare un esempio, una persona con una Sindrome fibromialgica di grado severo, troverebbe assai difficile fare passeggiate anche brevi o guidare addirittura l’auto, ma anche svolgere le ordinarie attività domestiche. Nella percezione diffusa, la credibilità appare come una qualità personale, una caratteristica morale della persona. Infatti la credibilità non è solo una disposizione personale, ma è qualcosa che viene attribuito, viene riconosciuto dagli altri attraverso un motus operandi, prove ed evidenze, ma soprattutto da comportamenti che devono supportare lo stato di cronicità e sofferenza per la quale si chiede allo Stato di intervenire. Se questi comportamenti non sono in linea, oppure risultano inadeguati al contesto in cui vengono manifestati, possono causare una disfunzione, una reazione che anziché favorire una risoluzione può addirittura causare un danno per la stessa malattia, per la quale da anni si chiede il riconoscimento di cronicità e invalidità. Ormai è accertato che la Sindrome fibromialgica è una malattia che con il passare del tempo non consente una normalità, una vivibilità, che impatta pesantemente sulle relazioni sociali e famigliari. Per essere credibili agli altri per la propria malattia, bisogna mostrare tutte le difficoltà che ogni giorno si incontrano nei contesti in cui agiamo, altrimenti la credibilità della malattia viene svilita e si viene considerati poco credibili. Mostrare sensibilità ed empatia verso quelle persone che condividono la stessa malattia che sono impossibilitate a compiere certe attività, rappresenta la più nobile e profonda connessione tra individui, perché ci consente di percepire le emozioni “dell’altro” dentro di noi, soffrire come l’altro, fino ad imporci spontaneamente ad attivarci in suo aiuto. Questo è quello che serve per far comprendere il nostro vissuto e le nostre difficoltà!!!!