E’ ormai noto a tutti che la fibromialgia è la terza patologia reumatologica più diffusa nel nostro Paese e da sola rappresenta il 27% di tutte le diagnosi che vengono formulate in ambito ambulatoriale. Si sa anche che la fibromialgia è una malattia molto frequente nel nostro Paese, ma solo il 24% degli italiani ne ha sentito parlare. Sappiamo pure che questa Sindrome è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fin dal 1992, e che il Parlamento Europeo, nella dichiarazione del 13 gennaio 2009, P6_TA (2009) 0014, ha invitato gli Stati membri a mettere a punto una strategia comunitaria, per riconoscere questa Sindrome come malattia cronica e invalidante; a promuovere la consapevolezza della malattia e a favorire l’accesso degli operatori sanitari e dei pazienti alle informazioni, sostenendo campagne di sensibilizzazione a livello Europeo e Nazionale; a favorire l’accesso alla diagnosi e ai trattamenti, promuovere lo sviluppo di programmi per la raccolta di dati sulla patologia stessa. Nonostante tutto questo sia di dominio pubblico, ancora sentiamo tanti operatori affermare: è tutto nella tua testa! E’ necessaria una speciale dieta! Sei solo stanca! Hai bisogno di una vacanza! Una situazione demoralizzante che aggrava ulteriormente il carico fisico e psicologico ed incide pesantemente sui sintomi della malattia stessa. Spesso su alcune persone ci soffermiamo all’aspetto fisico non vedendo una sedia a rotella o l’utilizzo di ausili per deambulare, perché siamo abituati a vivere e ad adattarci ai luoghi comuni ed è difficile accettare la diversità, perché il dolore e la sofferenza non si vedono. Eppure questa malattia riduce notevolmente le capacità d’interazione con l’ambiente famigliare e sociale rispetto a ciò che noi consideriamo normale, e nei casi più gravi anche l’autonomia nello svolgere le attività quotidiane. Oggi abbiamo i dati e le generalità per dare finalmente un’identità a questa Sindrome, che cosa stiamo aspettando?